Non voglio tediare qualcun'altro spiegando ciò che mi ha portato ad importare tutti i contenuti su un'altra piattaforma (Wordpress) e ciò che mi ha riportato a tornare qui su Blogger, perché non mi è ancora del tutto chiaro ed è noiosissimo da ascoltare (ne scriverò presto, forse), ma sono qui perché sento il richiamo, ormai irresistibile, del blogstorming del mese di Genitoricrescono.
Sono stressatissima per via del trasloco, viviamo tra gli scatoloni colmi di cose che comincio a vedere come inutili e l'istinto di buttare tutto è un pensiero fisso, ma ripeto: il richiamo è troppo forte. Ho deciso che questa sera scrivo, tra l'altro sono anche in astinenza visto che non ho più tempo per nulla, mi rilasso e provo a mettere giù con ordine quello che mi suscita la parola: autostima.
Quando sento parlare di stima per se stessi, penso subito alla mia incapacità di misurare i sentimenti che nutro nei confronti di me stessa, positivi o negativi che siano. Ad oggi, a 34 anni, non so esattamente cosa provo per me, so cosa sono e solitamente sono a conoscenza di come mi comporto e agisco, mi sento anche responsabile delle mie scelte, ma quando si parla di cosa "sento" verso di me, sono piuttosto confusa.
Credo di non essermi amata abbastanza in certi frangenti, spesso mi sono sottovalutata e altrettanto spesso però mi sono sopravalutata. Il rapporto che ho con me stessa ha molte sfumature: non è del tutto sbagliato né del tutto idilliaco, non è nemmeno troppo complicato o esageratamente superficiale, ma so che è presente uno scarso equilibrio tra amore e odio.
Ho sempre creduto che il rispetto verso se stessi, come pure l'amarsi, fossero dei modi e dei mezzi tramite i quali si potesse affrontare la vita più agevolmente, perché coscienziosi del proprio essere nella sua interezza, capacità e limiti compresi, ma nella realtà non ho mai sentito troppo la necessità di capire se nel mio caso "l'autostima" fosse la soluzione ad alcuni dei miei tormenti. Penso all'autostima come un sentimento come ogni altro, non ha una connotazione particolare nel mio caso: autostima, amore, rispetto, autocelebrazione, autocommiserazione, sono tutte dei modi di percepirsi e reagire alla vita di tutti i giorni. Insomma per farla breve credo, come spesso ho scritto, che per vivere decentemente basterebbe avere un equilibrio emotivo non dico perfetto, ma quantomeno stabile. Nella presentazione dell'argomento del mese, Silvia descrive l'autostima come una sorte di airbag, io invece la immagino solo come una parte di tutti quei sentimenti che proviamo verso di noi, il vero airbag credo che sia la conoscenza più o meno profonda di quello che siamo nella realtà. La cosa fondamentale per me, è capire quanto si è importanti. (quanto inteso proprio come quantità, valore), i miei genitori mi avrebbero evitato molta fatica, se me lo avessero insegnato.
I miei dicevano "è importante la scuola, lo sport, come ci si presenta e si appare, lo studio ed il lavoro" ma vorrei che mi avessero detto "Franci, tu sei importante, quello che sei è importante".
Cerco di spiegare ancora meglio cosa intendo: io sono stata una figlia che doveva "fare" e non "essere".
Crescendo mi sono resa conto che non mi hanno insegnato ad essere conscia del mio valore effettivo, ad essere in contatto con me stessa, ma a nutrire il loro orgoglio e le loro aspettative di genitori: io mi sono semplicemente prestata nel fare ciò che loro desideravano che io facessi ed è nato tra noi un rapporto di dipendenza. "Io faccio ciò che volete voi, non perché credo realmente di volerlo o perché credo veramente di potercela fare, ma perché voglio che siate contenti di me".
Naturalmente e fortunatamente mi sono ribellata, a volte con rabbia disperata e con poca intelligenza, in maniera violenta e goffa, ma mi sono almeno concessa l'opportunità di capire cosa volessi veramente e spesso mi sono pure divertita a non fare ciò che volevano.
Quando mi sono ritrovata orfana, ho capito ancora di più il desiderio di far emergere i miei pensieri indipendentemente dalle aspettative altrui (è autostima o ancora ribellione?) e in quel frangente ho cominciato un percorso fatto di guerra e pace, di amarezza e di serenità, di alti e bassi in cui la protagonista sono stata e sono sempre e solo io. Non so però, se ho cominciato a stimarmi di più o se ho solo preso coscienza di ciò che sono. (ho detto che sono confusa, no?)
Tutto questo ragionamento mi fa capire cosa voglio insegnare ad Elisa però, e cioè che lei è importante per quello che è, che i suoi desideri sono importanti, che conoscere sé stessa è importante, che essere a conoscenza dei propri pregi e difetti è importante, essere consci dei proprio limiti è importante, che desiderare i propri spazi è importante. Che l'autostima si costruisce giorno per giorno, amare se stessi può significare anche non piacersi sempre e accettarsi comunque, stimarsi significa anche apprezzare il proprio valore nelle sconfitte e rispettare se stessi significa rispettare gli altri anche se non sempre ci piacciono. Questi, che sembrano comandamenti detti così, sono in verità ciò che io sento nel mio cuore di mamma e che reputo, in questo momento, necessarie basi per la sua felicità. Vedremo se il tempo mi darà ragione come spero.
Di recente ho ricevuto un commento ad un post, che mi ha profondamente colpito: "Passerò qui ancora perché ti trovo irriverente, corrosiva e fragilmente coraggiosa."
La mia autostima mi ha testualmente detto: "Se questo è quello che traspare da quello che scrivi, puoi esserne orgogliosa, riesci a trasmettere quello che più ami di te stessa".
In effetti, ho cominciato il post dicendo che non so misurare il mio valore effettivo, ma so molto bene cosa amo e cosa odio di me. Alcune parti di me mi fanno letteralmente impazzire: dire quello che penso in modo diretto e forse anche tagliente, adoro le freddure e le provocazioni a suon di parole sapientemente usate, che ogni tanto mi riescono alla perfezione, amo il mio modo asciutto e privo di fronzoli nello scarabocchiare quello che provo e che invece è spesso ingarbugliato e amo anche il mio fragile coraggio perché non è un grosso limite, mi permette di essere un po' meno istintiva e un po'meno ribelle di un tempo.
L'amore che provo verso di me può essere nutrito in molti modi (anche con un semplice commento), non ho bisogno di un life-coach per capire che in alcune situazioni dovrei credere di più nel mio valore ed in me stessa, me ne accorgo da sola quando a conti fatti capisco di aver valutato male una situazione, non amo avere consiglieri e "motivatori" al mio fianco perché ho capito che siamo tutti soli quando si tratta di guardarsi dentro e avere qualcuno che mi ripeta che "volo troppo alto o troppo basso" non mi aiuta, ma mi fa accartocciare ancora di più i pensieri.
Una cosa però mi è necessaria e cioè stare con i piedi per terra e non perdere mai la voglia di mettermi in gioco facendo i conti con quello che in quel preciso momento provo e penso che sia la cosa migliore per me. Se si chiama stima o no, non fa moltissima differenza, forse perché di base mi conosco abbastanza bene e la pacca sulla spalla me la do volentieri anche quando faccio delle cagate immani. Sarà per autostima o per autoconsolazione? Ho detto che sono confusa, forse adesso lo sono un po' meno, ma non ne sono sicura.
Franci
Questo post partecipa al blogstorming
Nicchione DOC questo post. Splendido. Profondo. Originale. So che sei confusa dal tuo rapporto con l'autostima, chi non lo è? Una cosa però è certa: io ti stimo, tanto. Non è cosa comune leggere riflessioni come queste. Tu non sei comune, sii sempre molto fiera di te per questo.
RispondiEliminaSono Nicchiona ma pure profondamente commossa... non riesco a dire altro che non sia grazie di ♥.
EliminaSto seguendo i post del blogstorming di questo mese perché l'autostima è un tema che mi interessa molto.
RispondiEliminaDirei che sto come te, alcune cose apprese e applicate, altre in evoluzione, nel centro tanta bella confusione creata dagli eventi della vita.
Credo che un po' saremo preparate per supportare i nostri figli e un po' dovranno anche loro farsi le ossa.
Sono arrivata alla tua stessa conclusione, certo è però, che a volte non ci si accontenta neppure di fare il meglio per noi e per loro. Bisognerebbe volare un pochino più basso...
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