5 dic 2013

Blogstorming: il mio rapporto con Soffry.

Oggi è esattamente un anno da quando scendevo trionfalmente e per l'ultima volta le scale di casa dei miei genitori, non solo mia, e in questi ultimi dodici mesi molte cose sono cambiate. Spernacchiavo allora e non ho ancora smesso di farlo anche se hanno cercato di tagliarmi la lingua.
In modo quasi regale sono approdata qui e mi godo ogni centimetro di piastrella o terra o prato, sembra ancora un sogno ed ogni volta che apro gli occhi e mi rendo conto che è realtà, ringrazio per la possibilità enorme che ho avuto.


Ho imparato una cosa in questo tempo, forse la più importante fino ad oggi: comunicare con Sofferenza, la mia sofferenza.
Lei è una tipa piuttosto saccente, mi ha indicato spesso strade sbagliate, ma non per malizia, credo proprio che non si fidasse di me e la cosa era reciproca. Per molti sembra scontato conoscerla, pare una cosa da pazzi parlarci forse, appare come una cazzata da pseudo-psicologia-dell'ultim'ora, eppure... imparare a parlare con il proprio fondo del barile, quello che si raschia con un cucchiaino color argento scintillante -perché quelli da noi lucidati sono gli unici che raschiano davvero-, è fondamentale.
Parlo per me e per lei, naturalmente. 

Il fondo del mio barile è bello, nel tempo ho deciso pure di arredarlo con una divano da due soldi, che sedersi non fa mai male, specie se si è affranti e stanchi. Lì ho incontrato Sofferenza per la prima volta e sono scappata a gambe levate. Una tragedia, risalire senza scaletta è stato orribile, ma lei mi metteva ansia, angoscia e paura: non sarei rimasta in sua presenza manco morta.

Poi mi pare che al quarto o quinto incontro ci siamo presentate.
-Ciao, sono Francesca.-
-Lo so, io sono Sofferenza, Soffry per gli amici, piacere.-
-Piacere un cacchio.-
-Ah, vedremo.-
Se ci ripenso mi ribolle il sangue, ci conoscevamo da pochissimo e questa faceva già la sbruffona.

Nel tempo però, devo confessarlo, ha avuto ragione. Certo, stare in sua compagnia non è mai una cosa cercata e felice, non è come quando hai voglia di vedere un'amica per un caffè, eppure frequentarla non è più troppo doloroso, o meglio, la sua compagnia ha diversi risvolti nella vita pratica e poi so che arriva sempre il momento in cui la risaluto e ciao.
Cercare un modo per poi comunicare con lei, mi ha permesso prima di tutto di rendermi conto che esiste, è reale e non solo nella mia testa.
Ho scelto di intraprendere questo percorso di ricerca quando mi sono resa conto che in fondo al barile non c'era più posto nemmeno sul divano per me, comprato a spese mio tra l'altro, lei, invadente ed insensibile si sdravaccava senza remore e io rimanevo sul pavimento. Questa mancanza di spazio mi ha spinto a cercarlo in posti ancora meno ospitali del barile, ma al momento è meglio non pensarci.

Quando ho capito che forse avrei potuto chiedere a Sofferenza di spostarsi un po' e lasciarmi spazio, lei si è dimostrata disponibile subito.
Tutto il freddo patito a terra, solo perché non avevo avuto il coraggio di chiederle un po' di posto, porc!!! Mi dico che potevo arrivarci prima, ma le cose sono andate così.

Nel tempo poi, ho cominciato a chiederle da dove veniva, quanti anni aveva e se conosceva altri posti oltre al fondo del mio barile.
-No, io sto qui ad aspettarti.-
-Ma anche no, cioè vieni fuori dai, mi servi!-
-Ma a cosa? Sei sicura?-
-Sì, credo che mi aiuterai a vedere le cose da molti punti di vista diversi. Ho bisogno di parlare con te appena ne sento il bisogno senza dover venire in fondo a 'sto barile con poca luce e con l'aria ormai viziata.-
-Oh, io ci vengo, ma non conosco nessuno eh!-
-Non serve che ti conosca nessuno bene quanto me, gli altri potranno non prenderti in considerazione, ma tu fregatene e fidati di me: basta che io e te non smettiamo di parlare mai.-

Questa è la nostra storia dunque: una storia fatta di mille parole, discussioni, litigate e pure botte da orbi (d'altronde in fondo al barile non è che ci sia molta luce, alzi una mano e ti parte lo sganassone).
Un rapporto il nostro, del quale sono fiera, quasi del tutto sano credo. Prospettive mai prese in considerazione sono state possibili solo grazie al nostro dialogo:

-Ma che merda di giornata! Mi sento sola ed abbandonata.-
-Fatti un caffè e vai più pianino, non andare in paranoia e lascia perdere il lamentino!-

-Oggi mi manca mammà e mi chiedo tutto questo chi me lo fa fà.-
-Mettiti seduta e apri il rubinetto, sai benissimo che è un rimedio perfetto.-

-Mi crea dolore pensare a quello, mi chiedo perché e dove sia... di bello.-
-Prenditi tempo per digerire la nostalgia, vedrai che prima o poi anche questa va via.-

-Mi è arrivato una raccomandata e mi sento addolorata.-
-Per fortuna non sei nel deserto, alza il dito medio e rivolgiti ad un esperto.-

E cose così.
Pare poco a livello di comunicazione? Può essere eh, mi accontento di poche parole che però colgono il mio personale bersaglio. Non funzionano sempre subito, il sollievo arriva però quando mi rendo conto di essere in sua compagnia e le offro una cicca da fumare insieme, le do la possibilità di parlare insomma.

Ormai ci conosciamo da tempo, capita raramente che sia invadente come ai primi tempi e devo confessare una cosa: io il dito medio lo alzo anche con lei a volte.
Perché alzare il dito medio per me, è uno stato mentale e se io nel barile non ci voglio tornare e con lei non ho voglia di avere a che fare, mi concedo una pausa come in ogni rapporto che si rispetti.

Franci

Questo post partecipa al Blogstorming

4 commenti:

  1. Quanto son belle le persone che hanno sciolto tanti nodi!

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  2. questo post, come altri, mi colpisce dritto sul muso. Però mi fa anche sperare. Di trovare la via.

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    1. A volte serve solo un po' di coraggio, a volte un aiuto giusto e altre volte ancora, un paio di occhiali nuovi per vedere meglio. Buona fortuna...

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