9 mar 2013

Il senso del cammino in ginocchio.

Una mamma che conosco ha perso il papà nella notte.
Niente preavviso.
Nessuna avvisaglia.
Nulla di nulla.
Penso a che farei se fossi nei suoi panni. Mi chiedo, da quando ho letto la notizia, come mi sarei comportata.
Sono stati meglio i calvari seguiti passo passo dei miei genitori, o sarebbe stata meglio una scomparsa senza preavviso? Meglio... sempre una merda è. Mi domando se tutto il tempo al loro capezzale, abbia un senso nella mia vita di tutti i giorni.

Avevo vent'anni e ho usato gli anni della spensieratezza per diventare grande, responsabile e per sentirmi tanto forte da tenerli in vita aggrappandomi ad ogni piccola e minima speranza che la loro malattia concedeva.
In apnea. Senza respirare se non per loro. Al loro posto.
Mi sono consumata per gestire le loro vite in modo che potessero sentirsi degni di vivere ancora.
E mi hanno lasciato lo stesso.
Ne è valsa la pena? Mi chiedo.
Se io avessi dato la buona notte a mia madre o, peggio ancora, avessi avuto un battibecco con mio padre e non ci fosse stata più nessuna occasione per rivederli, cosa avrei fatto? Sarei quella che sono ora? Sarei stata capace di troncare una relazione senza poter puntare i piedi, ribellandomi alla sofferenza come ho fatto caparbiamente, fino al loro ultimo respiro?

Allora prendo in mano il telefono e faccio quella telefonata che non ho ancora fatto per orgoglio. Meglio un litigio urlato che un silenzio insostenibile. Che alla fine l'orgoglio, non è altro che un veleno che lentamente ti toglie il respiro. E poi, chi cacchio ha del tempo da perdere in cazzate?

Allora allontano da me ogni senso di colpa verso chi mi ha fatto volutamente del male.
Che non c'è troppo tempo da sprecare.

Allora mi guardo allo specchio e mi accarezzo il viso che non accarezzo più per la troppa consapevolezza. Mi perdono gli errori, gli orrori e le pene che mi sono auto inflitta.
Che alla fine non guardarsi è da conigli e essere troppo consapevoli è il sentiero giusto per ricostruirsi un'altra possibilità. Che alla fine non c'è sempre il tempo per fermarsi a pensare di porre rimedio, le cose succedono e non sempre dipendono da noi.

Allora penso che la ribellione verso un destino infame è servito per trovare la forza di rialzarmi sempre. A costo di camminare per giorni sulle ginocchia.
Che a camminare tronfi son tutti bravi. È a camminare in ginocchio che ci vuole fegato.

(questa è per te, amica mia)

Franci.

8 commenti:

  1. <3
    Mi hai fatto piangere. Sai anche il perché, credo. Ti abbraccio forte.

    E abbraccio forte fortissimo anche l'amica di cui parli.

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    1. L'amica a cui è dedicato il post, non è quella a cui è mancato il papà.
      È una che sta bene anche in ginocchio, una di quelle amiche che sono preziose anche in ginocchio.
      Grazie Lele, so che spesso mi capisci e ti sono grata per i tuoi commenti.

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  2. Non ho una risposta... è una domanda che mi sono posta nell'ultimo anno molte molte volte, ho perso mia nonna all'improvviso un anno e mezzo fa, e mio nonno è morto 3 mesi fa dopo una lunga agonia, e non riesco " a pensare cosa sia stato meglio o peggio". Mi dispiace per te deve essere stata dura.

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  3. a volte si cammina in ginocchio perché ci han costretto.. Io ne farei a meno, ma almeno indosso le ginocchiere. Abbraccio stretto

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  4. Camminando in ginocchio si va piano piano, ma si va.
    Grazie. :)

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    1. Dal basso poi si hanno prospettive diverse. Che sia pure utile a volte? :P

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  5. Non ho nemmeno io una risposta, mio papà se n'è andato all'improvviso perché dopo un mese di agonia è morto ma in quel mese già non c'era più. Ieri stava bene il giorno dopo non c'era più. Stessa cosa mio suocero....ma la risposta comunque non c'è...

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  6. Io ho l'estrema fortuna di averli ancora, in salute, per ora ed io ho già 46 anni. E quasi tutte le sere, prima di addormentarmi mi pongo spesso la domanda "cosa farò quando succederà qualcosa ai miei genitori". E penso che non avrò mai fatto abbastanza per stare loro vicino, nemmeno se ogni sera mi faccio la stessa domanda ....

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