20 feb 2013

Blogstorming: Rispetto! Davvero?

Se sgarri, sei in punizione: non esci nel fine settimana, non guardi la televisione, non puoi leggere a letto.
Io sono stata cresciuta così, non ho mai pensato di potermi ribellare troppo, non alle cose importanti intendo, perché sarei stata giustamente punita. Per dirla tutta mi ribellavo e prendevo anche delle punizioni esemplari, ma non mi è mai venuto in mente di rispondere male ad un insegnante tirandogli dietro la cartella o a non alzarmi al suo ingresso in classe, non ho mai desiderato malmenare e picchiare un anziano, o sfasciare panchine al parco, per sentirmi una giusta. Ho cominciato a fumare per sentirmi fika e non ho ancora smesso perché sono idiota, ma a parte ciò, dopo aver letto l'argomento del blogstorming del mese di genitoricrescono, Rispetto!, mi faccio come sempre, millemila domande.
Penso a come sono stata educata io: a quante ciabatte e ciabattate ho schivato; a mia madre che si sgolava rincorrendomi per casa; a mio padre concentrato per trovare la punizione giusta per un mio ritardo; alla mia prima maestra, avuta per cinque anni, che mi insegnava a rispettare le regole con severità, appoggiata in tutto e per tutto dai miei, e mi sento fortunata. Un no di mio padre era assoluto e in una punizione non era contemplato il compromesso, l'educazione scolastica non prevedeva la punizione corporale, ma ricordo bene il rispetto che portavo alla maestra e ai professori venuti dopo di lei.
Sono certa che i miei genitori non si ponessero troppe domande, vivevano il loro ruolo come naturale, so per certo che erano interessati alla mia crescita ed ad una mia buona e sana educazione e non credo di avere troppi problemi per questo loro essere poco didatticamente corretti, loro infatti erano severi (parola che spaventa molti e fa inorridire altri). Mi hanno rispettato, hanno rispettato il loro ruolo e il mio. Hanno fatto, come tutti gli esseri umani, degli errori in buona fede (molte cose non avevano proprio gli strumenti per capirle) ma io conosco le regole, la buona educazione e riconosco e rispetto l' autorità in chi la esercita, considero spesso gli anziani (non i nostri politici... ops, mi è scappato) saggi e mi infastidisco quando in un parco vedo una gomma da masticare attaccata all'altalena.

Quando leggo o vedo alla televisione che un "branco" di ragazzetti ha picchiato la compagna o il compagno in carrozzella, o l'insegnate per aver dato un brutto voto (con i genitori al seguito) o per mettere il video su youtube, o quando apprendo che una ragazzina è stata uccisa dal fidanzatino o dagli amichetti, mi chiedo dove stiamo sbagliando.
Perché oggi più di ieri, qualcuno che sbaglia, c'è. E l'impressione che ho, è che non ci sia sempre buona fede. Molti dicono che sia colpa della famiglia e a me sale l'ansia. Poi però, mi rendo conto che la mia non è ansia, ma vera e propria rabbia nei confronti di genitori che genitori non sono, che non rispettano il proprio ruolo di educatori e non rispettano i loro figli.
Essere genitori per me, significa investire le proprie forze per donare degli strumenti al proprio figlio che lo facciano vivere sufficientemente bene, in salute, in autonomia e in armonia col mondo circostante. Anche quando costa fatica, anche quando significa mettersi al secondo posto o mettere faticosamente ordine dentro di se, anche quando si desidererebbe fare altro, anche quando questo compito risulta complicato.
Rispettare i propri figli, significa donare loro il meglio che è nelle proprie capacità, cercando di dare dei punti fermi, mettendo dei paletti stabili e concreti a cui loro possono fare riferimento in caso di necessità e per poterne mettere a loro volta, crescendo.

Partendo dal presupposto che non capisco i genitori che non ascoltano i propri figli (facendoli magari tacere a suon di regali o semplicemente non guardandoli di striscio perché in altro affaccendati), non mi trovo nemmeno in sintonia con la schiera di genitori che vizia emotivamente i figli: quelli che non approvano la parola asilo o scuola materna perché diseducativa ma preferiscono scuola dell'infanzia; quelli che educano senza regole precise, sempre trattabili e senza un progetto educativo; quelli che si inorridiscono davanti ad una sgridata ma ai loro figli danno la responsabilità, fin da molto piccoli, di districarsi tra mille discorsi e le mille spiegazioni sui sentimenti e le emozioni umane universali; quelli che proteggono, per le loro mille paure, i propri figli da ciò che terrorizza loro; quelli che che a forza di parole rimbambirebbero pure l'altalena del parchetto che i  loro figli, al primo insuccesso forse distruggeranno, per sfogarsi.
Non ci credo più, non credo più a quelle mamme che mi raccontano che avvolgendo un figlio di mille attenzioni e frasi ad hoc, lo stiano aiutando a crescere; non credo più a quei genitori che passano ore ad indottrinare i figli per renderli più sicuri di se, spiegando tutto e comunque.
Credo nelle risposte sicure e a volte secche, non mi fido dei pipponi.
Per principio, se mia madre si fosse messa a spiegarmi perché e per come non fare una cosa, avrei smesso di ascoltarla dopo due nanosecondi, mi bastava un "non si fa perché lo dico io" prima, e un "non voglio che tu lo faccia perché lo reputo sbagliato" poi. Anche un "non è ancora venuto il momento per parlare di queste cose" mi lasciava soddisfatta. Certo, il discorso poi si riprendeva magari, io le risposte che cercavo le ho avute quasi sempre, ma non ricordo di aver subito troppi lavaggi del cervello che durassero più di un paio di minuti, urla comprese.

Una volta, genitore, lo diventavi appena ti nasceva un figlio, era una cosa naturale e normale, ora ci si mette un sacco di tempo ad abituarsi all'idea di esserlo. Già per diventarlo ci sono un sacco di cose da prendere in considerazione: soldi, età, lavoro, studio, casa ecc ecc... Poi, una volta che lo si è diventati, non si deve fare questo, non si deve fare quello, si deve fare così e così, non si può punire altrimenti si traumatizza a vita, non si deve urlare perché si fa violenza verbale, non si possono dire le parolacce perché non è educativo, si deve evitare ai figli ogni tipo di frustrazione altrimenti si terrorizzano e soffrono; ci si sente sempre sotto pressione e sotto osservazione, ci si riconosce spessissimo inadeguati e per questo si tende a vivere superficialmente il proprio ruolo, che si reputa troppo pesante e faticoso fino allo stremo delle forze per essere vissuto con serenità.
Ma è veramente così?

Non voglio essere polemica, ma mi pare davvero che la mia generazione sia una generazione di complessati, o che voglia farsi vedere piena di complessi. Complessi che si vogliono, a suon di frasi e metodi, evitare ai propri figli, forse. Peccato però, che capita sovente che per evitare un trauma alla prole, gli si butti addosso la propria paura o tutto l'insieme delle proprie cose irrisolte.
Mi chiedo: se uno è in difficoltà, non può farsi aiutare a non esserlo più? E poi mi dicono che io manderei tutti dallo psicologo, ma cacchio, se esiste un problema, compreso il peso della genitorialità, fatti dare una mano, no? Invece che cercare metodi innovativi, cure mirabolanti e rimedi didatticamente corretti per fare i genitori, non sarebbe meglio guarire le proprie ferite per bene e cercare un equilibrio stabile per potersi sentire un felice e soddisfatto genitore?
Non lodare un figlio dicendoli Bravo!, ma tirando su il pippone del secolo cercando di dare valore al significato del suo gesto e delle sue congiunte emozioni e di tutti sentimenti intrinsechi e bla bla bla, non significa rispettare, ma tirare su un pippone. Cioè, io posso anche cercare di spiegarle che una frustrazione è da mettere in conto ma non posso  e non voglio sempre evitarle di provarla, non voglio essere un supereroe per lei (muahahah, io poi!). La vita è piena di delusioni e di insuccessi, bisogna sapersi destreggiare fra essi e affrontarli per vivere bene, non evitarli a suon di giustificazioni e compromessi.
Magari mi sbaglio.

Non so se sono una madre buona o cattiva, non mi interessa al momento darmi una definizione, mi basta sapere che sono mamma, però. Questo mi basta per dare il meglio di me a mia figlia, mi basta anche per mettermi in gioco nella mia interezza anche facendomi aiutare, se serve.
Sono una testa calda e istintiva per natura, una sgridata ad Elisa, di quelle che ti fa male la gola per quanto hai urlato, mi è capitata, ma io non mi sono sentita colpevole e sbagliata come mamma. Quando capita, cerco di spiegarle, con tutti i miei limiti e quando il sangue al cervello è defluito, che ho perso la pazienza. Stop. E la colpa, la paura del trauma infantile, non mi balena minimamente in testa.
Elisa non prende sculaccioni, qualche volta urlo come se non ci fosse un domani, capita pure che non abbia voglia di starle appiccicata tutto il giorno, rispondo alle sue domande ed ai suoi bisogni che mi comunica ora anche verbalmente, la reputo una persona con tutti i diritti per essere aiutata a crescere sana, forte e rispettata in tutto il suo essere bambina ora, e ragazza e donna in futuro e sono fiera di non aver metodo, seguo il mio e suo istinto, la mia e la sua natura. Può essere che io mi stia sbagliando di brutto, eh. Ma non so.

Mi chiedo e finalmente concludo, se alcuni genitori cerchino attraverso i metodi educativi più disparati, un modo per assumere "un atteggiamento genitoriale" e si sentano in realtà poco "genitore".
Mi chiedo inoltre, come si comporteranno tutti i bambini cresciuti con i guanti di velluto alla prima porta in faccia e se tutti i genitori che si rendono volutamente indispensabili ai loro figli, abbiano messo in conto che non sono immortali.

Tutti questi pensieri, partono semplicemente dal fatto che per me, rispettare Elisa, significa vivere un rapporto reale, tanta pratica e poca teoria (con lei per lo meno, che la teoria me la leggo tutta per benino, per crescere come persona).
Poco fumo e tanto arrosto. Sono spaventata dai pipponi, da qualsiasi parte provengano, l'ho già detto?
Chissà se mi sono spiegata.

Franci

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6 commenti:

  1. Ti condivido su tutta la linea, senza se e senza ma, soprattutto quando dici "E la colpa, la paura del trauma infantile, non mi balena minimamente in testa."
    Smettiamola con sta storia che bisogna sempre spiegare tutto, che le regole fanno male, che i bambini devono esprimersi in qualunque modo e che i genitori devono solo stare a guardare (a volte manco quello).
    I genitori hanno un ruolo preciso, riprendiamocelo senza paure: è difficile e impegnativo, ma è quello di cui i nostri figli hanno bisogno.

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  2. Io ho avuto un'educazione rigida e non mi è piaciuta per niente. Non ero assolutamente una ribelle, anzi, sono diventata paurosa e poco consapevole delle mie capacità. Era tutto solo "dovere". Ho condiviso poco con i miei genitori, sapevo poco di loro e delle loro vite. Ho odiato i no, a me non servivano, io avevo bisogno di "vai". E' una fase risolta e ci penso con serenità ora però è impossibile essere diversi da ciò che le esperienze hanno forgiato.
    Quindi sono diventata tipo da pipponi (non mi sgridare, dai :)), non credo di voler delegare il mio essere genitore ma sono così. E ho anche trovato un figlio incline ai pipponi, non tutto per colpa mia ;)
    Il mio ruolo è esserci, in pratica ogni giorno. Ma la strada la facciamo insieme, io e lui, spesso ne sa più di me su ciò di cui ha bisogno. Ha già avuto tante porte in faccia, le ha ogni giorno, eppure è forte più di me.
    Questa è la nostra via, dove il rispetto per il mondo è pane quotidiano ma le regole le tariamo confrontandoci a parole, ammetto che non sempre è una buona idea ma che ci possiamo fare, siamo così! Ho provato con le regole più tradizionali ma con noi non ha funzionato, speriamo che il tempo continui a darmi ragione, i dubbi ciclicamente tornano ...

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  3. Credo che ogni individuo possa dare il meglio di sé, solo se ha trovato il proprio equilibrio personale. Credo inoltre, che se un genitore ottiene quello che vuole dal rapporto con suo figlio, tanto da sentirsi soddisfatto o tanto da essere interessato a "capire meglio ciò che può migliorare", debba sentirsi libero di scegliere ciò che gli è più congeniale e gli viene più naturale, pipponi compresi.

    Detto questo, penso che il parlare troppo, sia peggio che parlare poco: nel mio caso poi, sarebbe proprio essere molto diversa da ciò che sono.
    Con questo non voglio dire che io, come mamma, non sia sempre pronta a soddisfare i bisogni di mia figlia, ma mi spaventa molto l'idea di condizionarla troppo con le mie parole e i MIEI pipponi irrisolti (che poi sono il frutto del mio percorso personale), di appesantire ed inquinare le sue emozioni. Sono spaventata dal fatto che si crei un meccanismo perverso tra ciò che dico e ciò che arriva a lei. In sostanza, se io parlo senza pipponi e tengo fede a quel poco che dico, ho meno margine di errore.
    Le regole rigide a me sono servite, mi è servito per avere un rapporto più o meno sano con i miei genitori, anche dopo che sono venuti a mancare.
    Il loro esporsi solo come genitori, nel loro ruolo specifico e il fatto che mia madre mi abbia cresciuto con la frase "io sono tua madre, non sono una tua amica", mi ha aiutato in molti frangenti. I famosi paletti a cui faccio riferimento, mi sono venuti in aiuto quanto sono rimasta senza punti di riferimento, sola e confusa. Avevo infatti delle certezze: questo è stato un grande punto di partenza per me.
    Poi che io abbia dovuto farmi aiutare per trovare la mia personale chiave di lettura, è un'altra storia e riguarda me come individuo che cerca il proprio equilibrio, più che me come mamma. (e che il percorso mi serva e mi sia servito per essere la mamma che sono, è un'altra storia ancora).
    Forse mi sbaglio, ma ritengo che un bambino, per grande che sia, abbia bisogno di esempi più che di ragionamenti e che il troppo parlare tolga spazio all'ascoltare.

    @marzia, non ti sgriderei mai!

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  4. Beh sai, o capito benissimo quello che vuoi rasmetere con il tuo bel post. Credo che tutte siamo un pò poco rigide diciamo così. Non delle vere e proprie severe, ma penso che l'educazione vada insegnata. Soprattutto serve perche ci rispettino. Io sono mamma di due gemelle di 4 anni e faccio di tutto per crescerle al meglio, ma soprattutto per insegnargli le buone abitudini, l'educazione e il rispetto che sono alla base della vita. poi naturalmente hanno una loro personalità e solo andando avanti crescendo si vedrà se il mio lavoro ha dato i suoi frutti. Come diceva un detto di mio nonno: " le piantine vanno piegate da piccole". Cioè ai bambini le buone maniere si insegnano da piccolini.E ' stato un piacere conoscerti.

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